(pubblicato a Vienna, Artaria, aprile 1806)
I Allegro
II Adagio Cantabile
III Minuetto-Allegro molto Scherzo
IV Finale-Presto
La struttura del trio op.87 è quella più tipicamente propria del classicismo, in quattro movimenti secondo lo schema Allegro, Adagio, Minuetto, Allegro (riconducibile ad ogni sinfonia di Mozart) di cui il primo in forma sonata: questo denota già un primo contatto del giovane Beethoven con la scuola viennese,ed un suo tentativo di approcciare quel tipo di schematizzazione musicale che, come è noto, avrebbe tanto ripudiato negli anni più maturi della sua produzione. E' proprio il Mozart delle serenate e dei divertimenti a venire in mente con questo primo movimento, fra tutti il più lungo, denso e formalmente rigoroso. Alla sobria, ma dolce cantabilità dell'Adagio si contrappongono poi un terzo movimento frizzante e spiritoso con il tema affidato al corno inglese ed un finale dal retrogusto quasi haydniano, in forma sonatina (una sonata senza sviluppo) dove il primo tema è a sua volta un rondò . Ma nonostante i riferimenti formali alla vicina scuola viennese, lo stile ancora un po' immaturo, ma già carico di personalità di Beethoven emerge già nitidamente da questa composizione giovanile, mostrando l'intraprendenza di un compositore animato tanto dal desiderio di sperimentare quanto dalla curiosità di assimilare gli stili dei propri contemporanei, per farne poi un linguaggio proprio.
Il Trio per due oboi e un corno inglese rappresenta una delle molteplici espressioni di Beethoven; le possibilità timbriche offerte dai legni e dagli ottoni attrassero molto Beethoven, tanto che nel 1792 compose il suo primo lavoro per soli fiati. Successivamente il compositore fu incuriosito da un singolare organico, formato da due oboi e un corno inglese, che si stava affermando in quegli anni.
Il manoscritto originale è conservato nella Deutsche Staatsbibliothek di Berlino e porta il titolo: Terzetto da L. v. Beethoven, Oboe prima, seconda, Corno inglese. Vicende editoriali, indipendenti naturalmente da ogni ragione cronologica, hanno in seguito determinato lo spostamento al n. d’opera 87, che è rimasto il definitivo. Che la redazione per due violini e viola non sia di Beethoven risulta anche da un passo della lettera all’editore Peters di Lipsia il 5 giugno 1822, in cui il maestro, fra le varie opere di cui propone l’acquisto, nomina un grande Terzetto per due oboi e un corno inglese, che potrebbe anche essere trascritto per altri strumenti.
Nel 1793 Johann Wendt compose una Serenata destinata ad essere eseguita durante il tradizionale concerto di beneficenza natalizio della Tonkunstler-Sozietät di Vienna; l’ascolto di questo brano ispirò Beethoven e nel 1794 vide la luce il Trio op. 87, che in quel particolare repertorio rappresentò uno dei lavori più estesi ed elaborati.
Non tutti sono d’accordo sulla data del 1794. La ammettono i cataloghi del Nottebohm, del Prod’homme e del Kinsky-Halm, sulla base della più antica informazione proveniente da A. Fuchs, noto collezionista viennese di autografi. Sono invece per il 1797 il catalogo Thayer ed il Thayer-Riemann, a cui non sembra che il Trio, per la sua consistenza artistica, possa essere stato composto nei primissimi anni del soggiorno viennese del maestro.
Il numero di opera assegnato a questa composizione, quindi, trae in inganno circa la sua collocazione storica, poiché pur se catalogato come op. 87 (praticamente contemporaneo alla sesta sinfonia) il Trio per due oboi e corno inglese risale in realtà al 1794 ed è una delle opere più giovanili della produzione beethoveniana, composta dall'autore appena ventiquattrenne. Il motivo di tale incongruenza risiede nel fatto che, all'inizio del XIX secolo, Beethoven venisse a trovarsi in una brutta crisi economica, che lo costrinse a pubblicare anche molti dei suoi lavori giovanili che non erano inizialmente stati giudicati 'all'altezza' del resto della produzione.
Fu in questo modo che l'immaturo Trio venne 'ripescato', riveduto e dato alla stampa solo nel 1806, figurando come Opus 86 quando invece era addirittura precedente all'Opus 1 n 3, ovvero i tre “Piano trios” per pianoforte, violino e violoncello.
Ricapitolando, nel periodo in cui il trio è stato scritto, Beethoven era appena arrivato a Vienna per
studiare composizione con Joseph Haydn,e muoveva i suoi primi passi in direzione del
modello dei grandi maestri viennesi, pur rimanendo legato quasi più allo stile galante
di Johann Christian e Carl Philipp Emanuel Bach e a quello della scuola di Mannheim
(Stamitz e Toeschi) che al classicismo. L'autore aveva già in passato composto diversi
pezzi cameristici per strumenti a fiato su commissione di Maximilian Franz d'Asburgo,
principe alla corte di Bonn dove Beethoven lavorava negli ultimi suoi anni tedeschi,
poiché il sovrano disponeva di un ensemble di fiati che si occupava dell'intrattenimento
musicale cortigiano. Ma in questo nuovo contesto viennese, la necessità di comporre
per una simile strumentazione derivava piuttosto dal fatto che in questa città crescesse
a dismisura il fenomeno degli amatori, musicisti non professionisti che svolgevano
abitualmente tutt'altre mansioni e si dedicavano alla musica per semplice diletto. Con
l'intento di soddisfare la crescente richiesta da parte di questo genere di esecutori,
Beethoven compose il Trio per due oboi e corno inglese come un pezzo piuttosto
semplice, ritmicamente 'quadrato' e dai temi orecchiabili e lo trascrisse quasi
immediatamente per svariate altre strumentazioni come due violini e basso, due flauti e
viola, due clarinetti e fagotto, ed alcune versioni per pianoforte, così che il maggior
numero possibile di amatori potesse trarne profitto.
Compose, due anni dopo, anche le Variazioni sul tema 'Là ci darem la mano' dal Don Giovanni di Mozart, per la medesima strumentazione di due oboi e corno
inglese:
scrivere per fiati era per Beethoven anche una specie di 'allenamento', poiché in preparazione alla stesura della sua prima sinfonia egli era alla ricerca di una scrittura peculiare adatta ad ogni diversa sezione dell'orchestra.
Non tutti sono d’accordo sulla data del 1794. La ammettono i cataloghi del Nottebohm, del Prod’homme e del Kinsky-Halm, sulla base della più antica informazione proveniente da A. Fuchs, noto collezionista viennese di autografi. Sono invece per il 1797 il catalogo Thayer ed il Thayer-Riemann, a cui non sembra che il Trio, per la sua consistenza artistica, possa essere stato composto nei primissimi anni del soggiorno viennese del maestro.
Il numero di opera assegnato a questa composizione, quindi, trae in inganno circa la sua collocazione storica, poiché pur se catalogato come op. 87 (praticamente contemporaneo alla sesta sinfonia) il Trio per due oboi e corno inglese risale in realtà al 1794 ed è una delle opere più giovanili della produzione beethoveniana, composta dall'autore appena ventiquattrenne. Il motivo di tale incongruenza risiede nel fatto che, all'inizio del XIX secolo, Beethoven venisse a trovarsi in una brutta crisi economica, che lo costrinse a pubblicare anche molti dei suoi lavori giovanili che non erano inizialmente stati giudicati 'all'altezza' del resto della produzione.
Fu in questo modo che l'immaturo Trio venne 'ripescato', riveduto e dato alla stampa solo nel 1806, figurando come Opus 86 quando invece era addirittura precedente all'Opus 1 n 3, ovvero i tre “Piano trios” per pianoforte, violino e violoncello.
scrivere per fiati era per Beethoven anche una specie di 'allenamento', poiché in preparazione alla stesura della sua prima sinfonia egli era alla ricerca di una scrittura peculiare adatta ad ogni diversa sezione dell'orchestra.
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